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La depressione

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La depressione

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depressione - 07/11/08

Quando si parla di depressione, di solito s'intende uno stato di cattivo umore o tristezza per qualcosa. Ma se hai avuto una brutta giornata, una lite con qualcuno o se ti senti annoiato, questa non è depressione.

PuntoLa sintomatologia depressiva
PuntoRabbia e aggressività
PuntoL'approccio farmacologico
PuntoI farmaci sono sempre necessari?
PuntoPsicoterapia e psicoterapia breve
PuntoL'elaborazione del lutto
PuntoLa rinuncia: un atteggiamento comune nella depressione
PuntoConclusioni

La sintomatologia depressiva


Stati d'animo - Quelli che vanno - Umberto Boccioni

Entro certi limiti la tristezza è un'emozione perfettamente normale, mentre la depressione è una condizione patologica con caratteristiche precise, che non sempre le persone riescono a identificare da sole.

Questo è il motivo per cui questa malattia è così subdola: all'inizio fai fatica a distinguerla da uno stato passeggero di cattivo umore.

In seguito, quando lo stato depressivo si è strutturato e ha assunto le caratteristiche che le sono proprie, fai fatica a intervenire. E non tanto perché non ti sei accorto di esserci caduto, ma perché ormai non te ne importa più nulla.

Il primo e più importante sintomo di uno stato depressivo, infatti, è proprio la mancanza di voglie.

Se sei depresso non hai più voglia di lavorare, di prenderti cura di te stesso e delle tue cose, non hai più voglia di fare attività fisica né sessuale. È come si fosse spenta in te ogni motivazione, ogni volontà di combattere e andare avanti. Ogni aspetto della vita ti appare inutile e senza senso ed è scomparsa ogni gioia di vivere.

Altri sintomi riguardano le alterazioni dei ritmi del sonno, il rallentamento psicomotorio e, naturalmente, le alterazioni dell'umore.

Quando sei depresso ti manca energia, ti svegli al mattino già stanco, svogliato e con sentimenti di repulsione nei confronti degli impegni con il mondo. Le tue prestazioni scolastiche e lavorative calano in maniera vistosa e nei casi più gravi non riesci a trovare neppure la forza di alzarti dal letto.

L'edizione più recente del DSM, il manuale descrittivo delle psicopatologie ufficialmente adottato da psichiatri e psicoterapeuti, stabilisce che la diagnosi di episodio di depressione maggiore deve aver riscontrato cinque o più dei seguenti sintomi:

PuntoUmore depresso per la maggior parte del giorno
PuntoMarcata diminuzione d'interesse per le attività
PuntoSignificativa perdita o aumento di peso, oppure perdita dell'appetito
PuntoInsonnia o ipersonnia (dormire più del normale)
PuntoAgitazione o rallentamento psicomotorio
sensazione di mancanza d'energia
PuntoSentimenti di autosvalutazione o colpa eccessivi o inappropriati
PuntoRidotta capacità di pensare e concentrarsi, o indecisione
PuntoPensieri ricorrenti di morte, ideazione suicidaria

Negli stadi avanzati della malattia inizi a nutrire la convinzione di essere "sbagliato", di non essere equipaggiato in modo adeguato per far fronte alle sfide della vita.

Ripensandoci, ti rendi conto che è stato così fin dalla nascita, come se madre Natura fosse stata troppo dura con te.

Inizia allora a insinuarsi in te l'idea di essere diventato un peso per te e per gli altri. Ecco perché, nella depressione, il rischio suicidario dev'essere sempre tenuto presente e mai sottovalutato.

Rabbia e aggressività


L'umore nella depressione non è sempre triste. Anzi, spesso sensazioni di rabbia e aggressività si associano alla depressione. Diventi irritabile e non riesci a sopportare niente e nessuno.

Nei casi più estremi, come purtroppo riportano gli episodi di cronaca sul suicidio di persone depresse, non è raro che prima si uccidano altre persone. E anche se nel biglietto di addio l'omicida-suicida si scusa, affermando che l'intenzione era di proteggere le sue vittime dalle infamie della vita, è evidente che se togli la vita a qualcun altro è sempre un atto d'aggressione. Il più aggressivo di tutti.

Non è sempre facile capire se queste persone avessero dei conti in sospeso, reali o immaginari, con quelle vittime, ma è certo che se compi un gesto simile stai dicendo a te stesso: "Io me ne vado, ma tu vai prima di me".

Tutti i depressi sono potenziali omicidi-suicidi? No, per fortuna. Solo una piccola percentuale delle persone con depressione arriva a compiere questi gesti estremi.

Tuttavia, se dovessi sospettare che una persona che conosci sta attraversando un episodio depressivo, fallo subito presente all'interessato, invitandolo a richiedere il parere di uno specialista.

Per completezza è utile ricordare che la malattia depressiva può essere presente insieme ad altre patologie, oppure essere provocata da anomalie organiche che nulla hanno a che vedere con la tua storia psicologica e relazionale, ad esempio da una disfunzione della tiroide.

Ecco perché è fondamentale anche un parere medico.

L'approccio farmacologico


La ricerca scopre negli anni '80 che una particolare categoria di molecole, note come SSRI (sigla inglese per "inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina"), è in grado di combattere con efficacia la depressione.

Nel 1987 la multinazionale Eli Lilly mette in commercio il Prozac, che diventerà il farmaco più prescritto al mondo di tutti i tempi. Rispetto ai triciclici (TCA) e agli inibitori delle monoaminoossidasi (I-MAO) - altri farmaci usati in passato contro gli stessi sintomi - gli SSRI producono effetti collaterali molto più ridotti.

I farmaci come il Prozac o lo Zoloft agiscono su vari sistemi neurotrasmettitori e neuromodulatori, le cui anomalie di funzionamento sono associate allo stato depressivo.

Ad esempio, la serotonina è un neurotrasmettitore, ossia è usata dal cervello per trasmettere informazioni fra i neuroni. Essa è prodotta, utilizzata e infine smaltita quando il suo compito è esaurito. In ogni dato momento, dunque, esiste nel cervello una certa quantità di serotonina in circolazione.

È stato scoperto che quando la serotonina libera è poca, il tono dell'umore tende a scendere e può scatenarsi uno stato depressivo.

L'azione degli SSRI consiste pertanto nell'impedire che la serotonina venga riassorbita nell'ultima fase del suo ciclo (cioè una inibizione della ricaptazione), facendo in modo che ne rimanga costantemente in circolo una quantità maggiore.

Oltre alla serotonina, nella regolazione del tono dell'umore sono importantissimi anche altri composti, come la dopamina e le catecolamine (adrenalina e noradrenalina).

Diversi farmaci agiscono in vario modo sui vari sistemi e la ricerca recente si è concentrata sulla sintesi di molecole che fossero il più possibile selettive, cioè che agiscano solo sul sistema desiderato. L'azione della vortioxetina ad esempio, che va sotto il nome commerciale di Brintellix è estremamente selettiva sulla serotonina. Esibisce pertanto effetti collaterali molto bassi.

I farmaci sono sempre necessari?


Il Sahara - Quadro di Gustave GuillametA suo tempo il Prozac era stato ribattezzato "pillola della felicità", tanto era sembrato una soluzione mirata e azzeccata a un problema grave e diffuso come la depressione.

Gli psicofarmaci hanno una reputazione controversa a causa degli effetti avversi. Tuttavia gli SSRI toccano solo il punto preciso in cui esiste il problema e nient'altro.

Ma è davvero così?

Senza soffermarsi sul problema di cosa causa cosa, cioè se sia il malfunzionamento dei neurotrasmettitori a produrre depressione, oppure quest'ultima a produrre alterazioni in tali sistemi, è provato che i due eventi sono associati (poca serotonina = depressione) e che la somministrazione di farmaci è in grado di ridurre o eliminare i sintomi in molti pazienti.

I farmaci sono stati un gran bene per l'umanità. Specie quelli più moderni, frutto della comprensione sempre più esatta del funzionamento dell'organismo, quindi con sempre meno effetti indesiderati. Dalla scoperta della penicillina in poi, la farmacologia è riuscita a produrre molti rimedi per la cura di molte malattie. Questo è un fatto, e non può essere smentito.

D'altra parte s'impongono una riflessione seria e un controllo costante sul comportamento delle case farmaceutiche, non sempre governato da principi di trasparenza cristallina. È un problema più politico/industriale che scientifico e tuttavia d'importanza fondamentale.

C'è ad esempio chi sostiene che le case prima svilupperebbero il farmaco e poi, con l'aiuto dei media e della loro rete di relazioni, ci costruirebbero intorno la malattia. Se questo sia vero o meno è difficile da dimostrare.

Così come in ambito scientifico, anche in quello sociale è difficile stabilire quali sono le cause e quali gli effetti. Probabilmente si tratta di una causalità circolare, dove ogni fenomeno alimenta e rinforza a turno gli altri.

La casa farmaceutica è un'impresa e come tale soggetta alla ferrea logica del profitto, pena la chiusura. Perciò è necessario il loro monitoraggio costante, allo scopo di evitare derive ed eccessi di corruzione che possono succedere, lo sappiamo.

In ogni caso, molte persone hanno potuto beneficiare di questi nuovi antidepressivi e attualmente nel nostro paese sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Costituiscono dunque una via praticabile ed economica per coloro che hanno sintomi depressivi.

Psicoterapia e psicoterapia breve


Sebbene la depressione si possa curare con i farmaci, in molti casi ciò si può ottenere anche attraverso la sola psicoterapia.

Infatti, devi tener presente che la differenza reale il farmaco la fa solo nei casi di depressione grave. Per quelle di grado lieve o moderato, la psicoterapia ha un effetto del tutto comparabile.

Passati i tempi delle terapie che duravano all'infinito, senza portare a risultati concreti, negli ultimi decenni la ricerca in campo psicologico ha messo a punto terapie brevi efficienti ed efficaci.

Le terapie brevi favoriscono i risultati prima delle spiegazioni, che non scompaiono, ma diventano secondarie. Se tu ti rivolgi al terapeuta per un disturbo, è probabile che desideri innanzitutto risolvere il tuo problema, piuttosto che sapere perché te lo sei ritrovato addosso.

L'efficacia misura in che grado il problema è stato risolto, mentre l'efficienza riguarda le risorse investite, sia in termini economici che di tempo. Le spiegazioni, se è il caso, potranno essere fornite anche dopo.

La necessità di misurare i risultati prodotti dalla terapia non è sentita in modo unanime, nella comunità degli addetti ai lavori. Molti terapeuti, specie di "vecchia scuola", si sono formati quando la psicologia era più simile a una disciplina umanistico-letteraria che a una scienza vera e propria. Essi, pertanto, faticano ad accettare l'idea di misurare l'uomo. Dal loro punto di vista è comprensibile.

Questo non significa che, se non misuri, i tuoi risultati saranno inferiori. Significa però fare a meno di un aspetto metodologico importante, senza il quale è più difficile parlare di rigore scientifico.

Perché il problema è anche quello della ripetibilità. Rigore metodologico significa poter verificare i risultati ottenuti. Altrimenti il rischio è che ti basi solo sull'intuito.

Le terapie brevi costituiscono un passo avanti notevole in questa direzione e se deciderai di affidarti a me, potrai beneficiare di un metodo moderno, efficiente e dritto al punto, senza fronzoli, che utilizza di volta in volta solo quello che serve. E solo quanto basta.

L'elaborazione del lutto


Uno dei primi tentativi di spiegare l'origine della depressione ha fatto uso dell'idea di lutto.

La tradizione psicoanalitica di Freud (Lutto e melanconia, 1915) definiva il lutto come un'esperienza dolorosa della perdita di una persona che occupava un posto centrale nella tua vita. Il dolore del venir meno di quel legame, in cui avevi investito così tanto, può arrivare a svuotare la vita di ogni significato e portarti alla depressione.

È possibile trovarsi in stato di lutto per la morte reale di una persona, oppure a causa di una morte simbolica. La fine di un legame amoroso, la perdita di un lavoro o di uno status sociale, sono anche questi eventi in grado di determinare un sentimento di perdita.

Perché lo schema è identico:

PuntoInvesti affettivamente in una relazione
PuntoL'oggetto della relazione (o la relazione) ti viene a mancare
PuntoSi produce il lutto

Il processo di elaborazione del lutto consiste allora nel lavoro che sei costretto a svolgere, tuo malgrado, per superare lo stato doloroso e acquisire un nuovo atteggiamento nei confronti della vita. Di contro, il persistere dello stato depressivo potrebbe indicare che tale elaborazione è rimasta incompiuta e che potrebbe essere necessario cercare aiuto.

Gli psicologi parlano di lutto complicato quando dopo circa due anni ancora non si è riusciti a elaborarlo.

La rinuncia: un atteggiamento comune nella depressione


Per molti anni l'idea di lutto è stata l'unica spiegazione psicologica al fenomeno depressivo.

Tuttavia, l'osservazione empirica non ha mai cessato di rilevare casi di depressione nei quali non c'era uno stato di lutto, né una perdita di alcun tipo, materiale o astratta.

In passato la depressione era a volte chiamata esaurimento nervoso e sebbene un po' vaga, questa definizione si è poi rivelata azzeccata, alla luce delle successive scoperte nel campo della biochimica cerebrale (vedi sopra).

L'esaurimento è anche la fase finale nel cosiddetto ciclo dello stress.

Lo stress, definito da Selye come sindrome di adattamento aspecifica, è caratterizzato da queste fasi:

PuntoHai un problema da risolvere, innescato dall'ambiente o da bisogni interni
PuntoMobiliti le tue risorse per farvi fronte
PuntoInsisti, non cedi, e continui a spendere risorse per cercare di risolvere il problema
PuntoLe risorse sono esaurite e quindi smetti di insistere: sopravviene la rinuncia

Da un punto di vista psicologico, la maggior parte degli stati depressivi derivano proprio da una situazione problematica che non sei riuscito a risolvere.

Si definiscono perciò depressioni secondarie. Si distinguono dalle depressioni endogene, o primarie, che non sono legate all'accadere di eventi esterni all'individuo.

In quest'ottica, una situazione stressante può essere in grado di farti cadere in uno stato depressivo quando, arrivato alla fase della rinuncia, hai abbandonato ogni speranza di superare una difficoltà o un conflitto.

Persino gli animali, sottoposti a ripetuta frustrazione dei tentativi di procurarsi il cibo, alla fine abbandonano e cadono in uno stato di prostrazione uguale a quello degli esseri umani.

Conclusioni


Le origini di questa malattia non sono ancora del tutto note, ma in un gran numero di casi sembrerebbero riguardare la vita relazionale e sociale, insieme a fattori predisponenti, temperamentali, biologici e genetici.

Quando le cause sociali e relazionali non sono evidenti, il motivo potrebbe essere legato alla scarsa propensione che hai a parlare di te. In questo caso, lo psicologo è avvantaggiato e meglio equipaggiato rispetto ad altri professionisti.

Bibliografia:

DSM-IV-TR, 2004. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Masson-Ravizza.

Muriana E, Pettenò L, Verbitz T, 2004. Rivista Europea di Terapia Breve Strategica e Sistemica, 1.
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